Plastica
Plastica, 1958
Brajo Fuso applica spesso il Ready Made, trasformando oggetti d’uso comune in opera d’arte. In questo caso, i raccordi tubolari idraulici in plastica richiamano strumenti musicali a fiato. Sfruttando la conformazione vuota dei tubi, il vento produce autonomamente una sinfonia della natura.
Lavorare per la pace
Lavorare per la pace
Elementi corporali, come mani, braccia e teste, si alternano ad altri artificiali, tra cui tubi, lamine e parti di automobili, in una scultura che esprime un forte desiderio di giocosità. Le posture di questi corpi, alle prese con giravolte aeree, portano il visitatore a immergersi nella magia di un mondo fanciullesco e libero dall’orrore della guerra.
I cappelloni
I cappelloni, 1965
Un mondo fiabesco sboccia dal sottobosco. Monumentali funghi spuntano con la tipica libertà espressiva di Brajo Fuso, alternando elementi in pietra a oggetti di riciclo.
Custode
Custode, 1960
Basta un po’ di rete e del cemento per delineare figure umane. L’artista ci invita a sedere accanto alla statua, in uno spazio sospeso tra realtà e immaginazione, lasciando a ogni persona la facoltà di immedesimarsi nell’opera.
Carriola
Carriola
Un’umile carriola diventa scultura. Vista di profilo riconosciamo una silhouette composta da una testa, un corpo prominente, delle braccia e gambe. La fantasia di Brajo Fuso non ha limiti e dimostra in questo caso l’innata capacità di personificare gli oggetti.
Cancello nero
Cancello nero, 1964
L’ingresso secondario del Fuseum è caratterizzato da un cancello nero in ferro con forme regolari. Si tratta di un richiamo alla stagione più razionale di Brajo Fuso, quella dei Legni, in cui l’artista alterna la sua tradizionale vena creativa, libera e disinvolta, a una regolarità geometrica più rigorosa.
Cancello giallo
Cancello giallo, 1962
Al Fuseum si entra in un mondo di arte e sogno. Il cancello del viale d’ingresso fu progettato da Brajo Fuso nel 1963, insieme alla cinta muraria che ingloba i rottami tra i più svariati tra pietre e cemento. Tutto è gioia, forme libere e colori, immerso nella bellezza di un bosco di lecci dove nulla è come sembra.
Antropomorfi
Antropomorfi, 1964
Vecchi serbatoi di moto diventano il pretesto per inscenare un’orchestra di fiati. L’immaginario creativo di Brajo Fuso spinge il visitatore a immedesimarsi nelle scene, che a volte si trasformano in teatro d’improvvisazione e vitalità artistica.